martedì 19 dicembre 2017

Albero di Natale con mopur, formaggio veg e noci

Come va con la creazione del menù natalizio? Avete già pensato a tutte le ricette da realizzare in questi giorni di festa?
Io sto sperimentando un po' di ricette da inserire nel menù del giorno di Natale, ovviamente tutte cruelty free :-)

In questo periodo di feste vorrei invitare tutti a fare qualche riflessione sulle sofferenze inflitte agli animali, che in occasione del Natale sono ancora peggiori.
Per tradizione a Natale tutte le tavole sono imbandite con abbondante cibo e spesso quel "cibo" sono pezzi di poveri animali, sovente cuccioli, che hanno sofferto, provato paura e dolore solo per finire nelle nostre tavole; vite innocenti sacrificate per la nostra gola!
E' possibile preparare un intero menù di Natale al 100% vegetale, senza rinunciare al gusto ed alla presentazione. 
Perciò vi invito a scegliere un menù senza crudeltà per un Natale più "buono", in tutti i sensi...i vantaggi sono molti: si salvano gli animali, si ha un minor impatto ambientale, si tutela la propria salute e si risparmia sulla spesa!

Il Natale è una festa che dovrebbe celebrare l'Amore, per ogni essere vivente! Pensateci!

Nelle mie sperimentazioni culinarie natalizie sono rimasta molto soddisfatta da una ricetta veloce da realizzare, gustosa e di grande effetto anche dal punto di vista della presentazione... un alberello natalizio fatto di pasta sfoglia, ripieno di mopur, erborisetto e noci, perfetto come antipasto o con l'aperitivo.

Eccolo, vi piace?




Se volete provarlo ecco cosa vi occorre:

- 2 rotoli di pasta sfoglia
- 1 confezione di mopur aromatico (quello scuro dal gusto più intenso)
- 1 confezione di erborisetto o altro formaggio vegetale gustoso 
- 30 gr di noci spezzettate
- olio evo

per decorare:

- ribes rosso
- foglioline fresche di maggiorana 

Come formaggio vegetale io ho usato l'erborisetto, che è una specie di stracchino di riso con aggiunta di alghe ed è molto saporito, il suo gusto si avvicina parecchio a quello del gorgonzola.



Srotolare la pasta sfoglia, stenderla leggermente con un mattarello e poi ritagliare la forma di un albero da entrambe le sfoglie.



Quindi ricoprire una delle due sagome con le fette di mopur e poi con l'erborisetto tagliato a fettine.




Poi distribuire sulla superficie le noci spezzettate.



Ricoprire con l'altra sagoma di pasta sfoglia e con una rotella tagliapasta o tagliapizza praticare dei tagli orizzontali a formare i rami dell'albero.



Quindi attorcigliare ogni ramo. E infine spennellare tutta la superficie con olio evo.



Cuocere in forno statico preriscaldato a 200° per 25-30 minuti.
A cottura ultimata decorare con le foglioline di maggiorana e il ribes.



Con i ritagli di pasta sfoglia ho fatto dei fagottini con pere, cioccolato e noci......buonissimi!!!







Sperando che sempre più persone scelgano di festeggiare in maniera più sobria, con una lista della spesa a chilometri zero, senza sprechi, optando per regali utili, solidali, sostenibili e magari autoprodotti, addobbi natalizi riciclabili o naturali e preferibilmente handmade...  

...auguro a tutti un sereno Natale <3


domenica 5 novembre 2017

La nostra libertà finisce dove comincia la loro



Non molto tempo fa un mio contatto di Facebook ha pubblicato un suo pensiero sui vegani, dicendo che li considera estremisti nel loro voler convincere tutti a non mangiare più carne e sostenendo che ognuno deve essere libero di mangiare come vuole. Il suo pensiero era un po' più articolato, ora non ricordo esattamente le parole, ma il senso era questo.

Solitamente non commento questo genere di post per non farmi coinvolgere in polemiche inutili. 
Perchè la mia scelta di essere vegan è dettata dall'Amore, per gli animali, per il pianeta, per me stessa e per tutta l'umanità e l'energia "fumosa" scatenata dalle polemiche allontana sempre un po' dall'Amore e dal "sentire" del cuore. 
E' una scelta che sento molto importante e trovarmi a polemizzare su questo non è quello che voglio. Preferisco cercare di risvegliare la consapevolezza delle persone facendo leva sulla loro empatia, mostrando loro come anche gli animali considerati da "carne" siano sensibili, intelligenti e con una intensa vita sociale ed abbiano lo stesso diritto alla vita di ogni altro essere vivente.


Ma tornando al post su Facebook della mia amica virtuale, siccome la considero piuttosto evoluta e non trovandomi quindi di fronte al solito ottuso di turno, quella volta ho voluto commentare per cercare di far capire che la libertà di ognuno di mangiare quello che si vuole, di cui parlava lei, in realtà implicava mangiare "qualcuno", un essere senziente, e quindi privare lui della sua libertà, arrogandosi il diritto di imprigionarlo ed ucciderlo. 
Vabbè, come si può facilmente immaginare, la polemica un po' c'è stata, mio malgrado ed io non sono riuscita a far capire pienamente il mio punto di vista, quello dettato dall'Amore di cui parlavo prima, non sono riuscita a spiegarmi con il cuore aperto, non sono riuscita a comunicare, come si dice, da cuore a cuore.


E così mi è venuta voglia di scrivere un post, dedicato a tutti quelli che pensano che i vegani siano estremisti, un post per descrivere il punto di vista di chi, come me, si sente impotente davanti alla sofferenza ed alla morte di milioni di animali innocenti, sterminati ogni minuto nel mondo! Voglio cercare di spiegare quella disperazione che spinge un vegano a voler convincere tutti a non essere più complice di tutta quella sofferenza e che lo fa sembrare estremista agli occhi di qualcuno.
Voglio provare a raccontare quello che "sento" io, che credo possa essere lo stesso "sentire" di chi ha fatto la scelta vegan principalmente per motivi antispecisti (quelli salutisti sono tutta un'altra storia...e più avanti vi dico il perchè).

Innanzitutto tengo a chiarire che non è mia intenzione giudicare nessuno e che questo mio post ha come unico scopo quello di condividere il mio personalissimo punto di vista sulla questione antispecista ed il mio coinvolgimento emotivo a questo riguardo.
Penso che ognuno di noi sia innegabilmente sul suo personale percorso evolutivo e sono ben consapevole, per esperienza personale, che ognuno ha i suoi tempi per ogni cosa.
Dico "per esperienza personale" perchè ho ancora ben chiaro nella memoria di come una decina di anni fa, parlando con una mia cara amica che non mangiava carne, fossi ancora convinta che non c'era niente di male a mangiare carne, a patto che gli animali non fossero allevati in maniera intensiva e vivessero una vita decente.
E questo nonostante avessi già visto molti filmati sulla sofferenza animale per la produzione di carne, uova e latte!
Ma la carne la mangiavo fin da bambina, mi piaceva ed ero convinta che la sofferenza degli animali derivasse esclusivamente dalla forma intensiva degli allevamenti e non dallo sfruttamento in sè, con tutto quello che comporta.
Poi, solo un paio di anni dopo, ho visto (che è diverso da "guardato" ;-) ) il documentario "Earthlings" e in me è scattato qualcosa, ho sentito un "click" dentro di me e, dopo aver letteralmente singhiozzato per tutta la durata del film, ho deciso che non avrei mai più mangiato ed  utilizzato nulla che comportasse sfruttamento degli animali!


Ho sempre amato gli animali, fin da piccolissima. Ricordo ancora nitidamente il mio pianto disperato di quando a sei anni, tirando una pietra, accidentalmente colpii una lucertola alla quale si staccò la coda e ci volle parecchio a placare il mio senso di colpa e a convincermi che la lucertola  non sarebbe morta e che la coda sarebbe ricresciuta. Ricordo anche i miei pianti per convincere i miei genitori a concedermi di avere un cane. Ogni cane incontrato per strada era mio amico e non potevo fare a meno di sorridergli ed accarezzarlo (lo faccio ancora :-) ) A chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande rispondevo: la veterinaria! :-)
Ma culturalmente mi era stato inculcato che la carne faceva bene, che fosse necessario mangiarla e che gli animali fossero stati creati appositamente per servirci...l'importante era trattarli bene, ma poi era normale sfruttarli e mangiarseli...con tutte le assurde argomentazioni che solitamente vengono portate a sostegno di questa teoria...la catena alimentare alla quale noi siamo in cima, siamo carnivori perchè abbiamo i canini, se non li mangiassimo sarebbero troppi, il latte e le uova vengono prodotti comunque e non mangiandoli andrebbero sprecati, ecc. ecc. 

Ma ci sono animali di serie A ed animali di serie B, perchè chi solitamente sostiene queste argomentazioni non mangerebbe mai un cane o un gatto, perchè nel nostro mondo occidentale è considerato normale mangiare vitelli e maiali ma non cani e gatti. Ma per un cinese è altrettanto normale mangiare cani e gatti, cosa per la quale noi solitamente ci scandalizziamo moltissimo. Ma se ci fermiamo un attimo a riflettere, che differenza c'è, da un punto di vista emotivo,  tra un cane e un vitello o tra un maiale e un gatto? Io dico che non c'è nessuna differenza perchè tutti soffrono nella stessa maniera! 
E' solo una questione culturale, è il contesto in cui viviamo che ci induce a considerare normale una cosa piuttosto che un'altra.
 

Se riusciamo però ad andare oltre i condizionamenti culturali e a lasciare più spazio alla nostra coscienza possiamo acquisire una maggiore consapevolezza e percepire in maniera diversa ciò che prima davamo per scontato. Se pensiamo autonomamente, con la mente ed il cuore aperti, senza preconcetti e condizionamenti culturali e soprattutto commerciali (gli interessi economici dietro la produzione di carne e derivati animali sono enormi!), sappiamo istintivamente, nel profondo del nostro cuore, quello che è giusto e quello che è sbagliato.
Ma perchè questo avvenga forse deve scattare qualcosa dentro di noi, deve esserci quel click di cui parlavo sopra, deve essere il momento giusto per noi, quel momento in cui la nostra coscienza si apre a nuovi orizzonti e ci fa percepire le cose diversamente.
Ad esempio, come accennavo prima, quel click per me è avvenuto otto anni fa, durante la visione di Earthlings, un documentario strutturato in maniera davvero perfetta per mettere in luce la nostra totale dipendenza dagli animali in ogni settore e per mostrare fino a dove ci siamo spinti arrogandoci il diritto di sfruttarli in ogni campo, da quello alimentare a quello dell'abbigliamento, da quello della sperimentazione scientifica a quello del divertimento.
Dopo la visione di questo film le mie convinzioni sono crollate, non ho più potuto far finta di nulla e non ho potuto fare a meno di rivoluzionare la mia vita, domandandomi come avessi potuto, fino ad allora, essere così cieca!

A mio parere, sul tema del mangiar carne ed altri alimenti di origine animale, la maggior parte delle persone è disinformata su due fronti.

Il primo è quello della mancanza di conoscenza degli animali "da reddito", la mancanza di contatto e di interazione con loro. La maggior parte di noi non ha neanche mai visto una mucca o un maiale e non ha nessuna esperienza di relazione con questi animali. 
Gli animali sono lontani, nascosti dentro capannoni, non li vediamo, non li sentiamo e non abbiamo alcun contatto con loro.
Non abbiamo idea di quanto sia morbido il pelo di un vitellino o quanto sia ruvida la sua lingua che ci lecca una mano, neanche immaginiamo la sofferenza di una mucca e del suo vitello per la separazione che avviene subito dopo la nascita, non sappiamo nulla dell'intelligenza di un maiale, non conosciamo il bisogno di socialità di una gallina o di un coniglio.
Questa mancanza di conoscenza è, a mio avviso, la causa principale della nostra scarsa empatia nei confronti di questi animali. 
Proviamo ribrezzo nei confronti dell'usanza cinese di mangiare cani e gatti e proviamo empatia per quei poveri animali ammassati nelle gabbie che vediamo in foto e filmati, solo perchè abbiamo esperienza della loro socialità, della loro capacità di provare emozioni e del loro relazionarsi con noi. 
Ma cosa succederebbe se dessimo la stessa possibilità di interagire con noi anche agli animali da allevamento? Potremmo scoprire che hanno una vita emotiva molto ricca, che sono intelligenti, che provano paura e che vogliono vivere, esattamente come noi. E allora riusciremmo forse a provare la stessa empatia vedendo una scrofa da riproduzione rinchiusa in una gabbia dove non può neanche girarsi o vedendo galline rinchiuse in gabbie sovrapposte grandi quanto una scatola di scarpe o ammassate a migliaia in capannoni, costrette a camminare sui corpi agonizzanti delle loro compagne, a volte già cadaveri, oppure forse proveremmo la stessa empatia per quei piccoli maialini castrati senza anestesia o per quei pulcini tritati vivi, solo perchè hanno avuto la sfortuna di nascere maschi.



Il secondo fronte di disinformazione è quello di cosa accade realmente negli allevamenti, per il 99% intensivi, e nei macelli. Non sappiamo nulla di come gli animali vengono allevati, quanto vivono, come vengono trasportati al macello e come vengono uccisi.
Gli allevamenti ed i macelli sono lontani dai centri abitati così che nessuno possa nè vedere nè sentire. 
In questi luoghi gli animali vengono fatti nascere, attraverso inseminazione artificiale, per essere ingrassati e poi macellati, tagliati a pezzi ed impacchettati. E questo succede anche negli allevamenti biologici.
Negli attuali allevamenti industrializzati gli animali sono costretti a vivere incatenati o chiusi in gabbie sovraffollate, privati della minima libertà di movimento, mutilati e sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali. Capannoni costantemente illuminati, nei quali per loro è persino difficile dormire.
 
Negli allevamenti le mucche da latte vengono inseminate artificialmente in maniera continuativa (trascorrono in gravidanza nove mesi ogni anno!) e i vitelli, affinchè non bevano il latte a noi destinato, vengono separati dalla madre poco dopo la nascita, rinchiusi in minuscoli box ed alimentati in maniera inadeguata affinchè siano anemici e la loro carne resti bianca. E dopo pochi mesi di questa misera vita, vengono macellati.


Le loro madri invece vengono costrette a produrre una quantità di latte pari a 10 volte quella che sarebbe necessaria al vitello e per questo vengono alimentate con una dieta ricca di proteine concentrate, che provoca acidosi, causa di zoppie nel 25% delle mucche di questi allevamenti. All'età di cinque o sei anni, ormai stremate, queste mucche vengono macellate; si tenga conto che in natura una mucca vivrebbe circa 20 anni.
Le cose non vanno meglio negli allevamenti di galline ovaiole, dove i pulcini maschi, in quanto non produttivi, vengono gettati vivi in un tritacarne o soffocati in buste di plastica. Ai pulcini femmina, che finiranno quindi a produrre uova, viene tagliato il becco per impedire loro di beccarsi l'un l'altra a causa dello stress; questa operazione è così dolorosa che molti pulcini muoiono per lo shock. In questi allevamenti le povere galline sono costrette a vivere in gabbie piccolissime, con conseguente atrofizzazione delle ali e deformazione delle zampe e, a circa due anni, quando diventano poco produttive, vengono sgozzate per diventare carne di seconda scelta.


I polli da carne invece sono allevati in capannoni affollatissimi, con la luce sempre accesa affinchè crescano in fretta. A 45 giorni vengono uccisi, mentre in natura vivrebbero fino a 7 anni. 


E per concludere questa loro non-vita gli animali vengono portati al macello, trasportati ammassati nei camion, sfiniti dopo viaggi estenuanti, senza nè cibo nè acqua, immersi nei loro escrementi.  
Se un animale cade durante il trasporto, spesso non riesce a rialzarsi a causa del sovraffollamento e viene calpestato dagli altri animali, subendo fratture alle zampe o al bacino; questi sfortunati che non sono più in grado di camminare, una volta arrivati a destinazione, vengono trascinati fuori dai camion agganciati agli arti fratturati, in preda a dolori lancinanti. 
Gli altri, dopo essere scaricati dai camion, vengono costretti ad avanzare negli stretti corridoi verso la macellazione, spinti con oggetti contundenti e pungoli elettrici, mentre guardano impotenti e terrorizzati i loro compagni, massacrati prima di loro, sentendo l'odore del loro sangue. 


I macelli sono sempre nascosti alla vista del pubblico perchè per poter convincere le persone a nutrirsi di animali, si deve allontanare il pensiero della loro uccisione, ci deve essere separazione tra l'immagine dell'animale vivo e la sua carne da infilzare con la forchetta, tanto che questa separazione può anche diventare lessicale, ad esempio in inglese si utilizzano due parole diverse per indicare il maiale vivo e la sua carne: pig e pork. 
Se ciascuno dovesse ammazzare da sé gli animali che mangia, sicuramente la maggior parte delle persone non mangerebbe affatto carne. Infatti siamo ben contenti di delegare qualcun altro per questo compito. 
Chi lavora nei macelli è costretto a mettere in atto un meccanismo psicologico inconscio di difesa attuando un processo di desensibilizzazione che lo porta a ridurre l'essere vivente allo stato di "cosa" e che gli permette così di essere emotivamente indifferente verso quegli animali  .
Molte sono le testimonianze di chi ha lavorato nei macelli e ad un certo punto ha "sentito" l'orrore di quello che avveniva in quei luoghi. I loro racconti sono quelli di chi ha visto scrofe gravide venire letteralmente squarciate, con i feti che fuoriuscivano insieme a budella e sangue, contorcersi appese ad una zampa o di chi ha sentito le urla strazianti degli animali, ancora coscienti, sventrati, appesi a testa in giù.

Quando si parla del mangiare o meno carne, solitamente ci si dimentica dei pesci; stranamente la maggior parte delle persone non considera i pesci come animali capaci di provare dolore. Forse, siccome non sentiamo le loro urla, pensiamo che non soffrano quando muoiono, soffocati, spesso dopo lunga agonia o quando vengono gettati ancora vivi nell'acqua bollente, come succede alle aragoste.
Invece i pesci hanno un sistema nervoso complesso e, come hanno dimostrato i risultati di studi scentifici internazionali, provano paura e dolore proprio come noi e come gli altri animali. Alcuni sono anche molto intelligenti, come ad esempio il polpo, che è in grado di compiere azioni complesse.
Ormai anche i pesci, che in natura nuoterebbero per molti chilometri ogni giorno, vengono allevati in allevamenti intensivi, tenuti in spazi molto ristretti e riempiti di farmaci affinchè crescano velocemente e non rischino malattie causate proprio dal sovraffollamento. Per quanto riguarda invece i pesci pescati in mare, con le reti a strascico, dobbiamo sapere che un terzo di loro muore spesso inutilmente in quanto, rimasti intrappolati nelle reti ma considerati di scarto, vengono ributtati in mare già morti.  
I pesci sembra purtroppo che occupino un gradino ancora più basso nella nostra scala della compassione e la loro sofferenza ci fa ancora meno effetto di quella degli altri animali.



Nella nostra società l'essere umano è considerato il centro dell'universo, superiore a tutti gli altri esseri di questo pianeta e quindi in diritto di dominare chi considera inferiore, ma la nostra evoluzione dovrebbe portarci a capire che siamo tutti ospiti della nostra Madre Terra con pari diritto alla vita e ad essere rispettati nella nostra natura.
Essere vegan significa sostanzialmente far proprio questo basilare principio. Essere vegan non è quindi solo una questione di dieta o di stile di vita, ma una questione legata al nostro percepire noi stessi e tutti gli altri animali, umani e non, in una posizione di parità.
Chi sceglie una dieta vegana perchè mangiare carne e prodotti animali fa male alla salute (e su questo ormai non c'è più alcun dubbio!), non lo fa per quel rispetto dovuto agli altri animali ed alla Madre Terra di cui parlavo prima, ma lo fa preoccupandosi solo della sua salute, continuando a considerare se stesso, e quindi in senso più ampio l'Uomo, al centro dell'Universo, continuando a sentirsi superiore.

A questo proposito vi riporto un esempio molto significativo che ho trovato durante le mie ricerche e che mi ero appuntata, ma che non riesco più a ricondurre alla fonte (se qualcuno lo riconosce come suo me lo faccia sapere e indicherò più che volentieri la fonte :-) ):


"Un bambino prende a calci la compagna di banco e la maestra subito lo riprende dicendo di smetterla immediatamente. Il bambino, visto che si diverte un mondo, chiede il perché, perché mai dovrebbe smetterla? E la maestra, allora, gli risponde che prendendo a calci la compagna di banco si fa male ai piedi, gli verranno i lividi e, addirittura, potrebbe diventare zoppo.
Perché una risposta del genere farebbe accapponare la pelle?

Ovvio, no? Si tratta di una risposta che non tiene minimamente conto che la compagna di banco è una bambina anche lei, che soffre, che ha una sua vita, una sua sensibilità, un suo modo di esprimersi e di stare al mondo. La compagna di banco viene letteralmente annullata, è come se non esistesse, diventa un oggetto. Per trasformare una persona in un oggetto basta non considerare più la sua sensibilità, il suo essere soggetto di una vita, la sua capacità di percepire e di emozionarsi. È facile, no? A questo punto, è come se quel bambino prendesse a calci un oggetto e la maestra gli dicesse di smetterla perché quell'oggetto è duro e gli farà male. Ma se l'oggetto fosse un cuscino non ci sarebbero problemi, si potrebbe continuare a prenderlo a calci!"

Smettere di mangiare carne solo perchè fa male alla salute significa considerare gli animali al pari di oggetti, come la compagna di banco dell'esempio qui sopra e alla stessa maniera continuare a non considerare la loro sensibilità e la loro capacità di percepire ed emozionarsi pensando che, se non facessero male alla nostra salute, potremmo continuare a mangiarli.


Ecco perchè dicevo, all'inizio del post, che la motivazione salutista  è tutta un'altra storia!

Mentre chi ha fatto la scelta vegan per motivi etici ed antispecisti e quindi non considera inferiori individui appartenenti ad una specie diversa, ha come obbiettivo la liberazione animale, desidera un mondo senza più allevamenti, senza più circhi, senza più vivisezione, senza più gabbie di nessun tipo, desidera un mondo in cui gli animali non siano più usati per i bisogni ed il divertimento degli umani.
Per ottenere questo nuovo mondo è ovviamente necessario un cambiamento di mentalità della società, una nuova coscienza collettiva, ma questa trasformazione è un processo lungo e difficile. Per arrivare a questo passaggio, a questa nuova coscienza collettiva, credo che il primo passo sia da fare in prima persona, credo sia indispensabile cambiare innanzitutto la nostra coscienza individuale, credo che ognuno di noi possa fare una enorme differenza e possa contribuire, con le proprie scelte quotidiane, alla creazione di questo nuovo mondo. Si tratta di rimettere in gioco il nostro modo di essere ed orientarci verso una cultura della solidarietà, dell'empatia, della comprensione dell'altro, al di là delle specie.


"Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo" ... diceva Gandhi.


Ecco perchè noi vegani cerchiamo di convincere quante più persone possiamo a non mangiare più carne, sembrando a volte estremisti ...
perchè il nostro cuore è connesso a quello dei 170 miliardi di animali sterminati ogni anno nel mondo, i nostri occhi vedono quello che vedono gli occhi terrorizzati degli animali nei macelli, le nostre orecchie sentono le loro grida di paura e ne percepiamo intimamente, nella nostra anima, tutta la sofferenza.

E se pensate, come la mia amica virtuale, che ognuno deve essere libero di mangiare come vuole senza che nessun altro ne abbia qualcosa a ridire, riflettete su questa famosa frase di Martin Luther King: "la mia libertà finisce dove comincia la vostra" e quindi sul fatto che la vostra libertà di mangiare come volete dovrebbe finire dove comincia la libertà degli animali che mangiate.
Riflettete sul fatto che non si tratta semplicemente di una scelta alimentare, ma che ci troviamo di fronte ad una ingiustizia di dimensioni apocalittiche, un enorme crimine etico collettivo dinnanzi al quale tutti sarebbero indignati, se solo se ne rendessero conto, avendo quindi molto da ridire!
Noi vegani vorremmo che ogni essere umano si accorgesse di questo eccidio, e che capisse che, con il semplice cambiamento delle abitudini di ognuno di noi, tutti questi animali potrebbero essere salvati. 


Perciò, dal profondo del cuore...

vi invito ad informarvi, attraverso articoli su internet, filmati e libri, su cosa succede realmente negli allevamenti e nei macelli, su cosa c'è dietro a quei pezzi di carne esposti sui banchi del supermercato o dietro al latte che bevete ogni mattina a colazione, perchè solo chi è davvero informato può fare una scelta consapevole;

vi invito a visitare uno dei molti santuari dove vengono ospitati animali "da reddito" salvati dalle associazioni animaliste, per un percorso di conoscenza di questi animali, per poter interagire con loro, sperimentare e capire la ricchezza della loro vita emotiva;

e infine ...
vi invito ad ascoltare il vostro cuore e a fare ciò che sentite giusto. <3






per approfondire:


Santuari:
Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia
Ippoasi - Fattoria della pace
Fattoria Capre e Cavoli
Rifugio Miletta

Libri:
Il maiale che cantava alla luna
Se niente importa 
Cibo per la pace
Liberazione animale
Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche
Il dilemma dell'onnivoro
In direzione contraria
L'animale ritrovato

Filmati e documentari:
Earthlings
Vegan, cosa significa realmente
La vita emotiva degli animali da fattoria
Il discorso delle scuse
La psicologia del mangiare carne
Meat the truth

Associazioni antispeciste:
La vera bestia 
Essere animali
Oltre la specie
Agire Ora 
Animal Equality

Articoli interesanti di approfondimento:
Perchè mangiamo carne? L'analisi psicologica di Annamaria Manzoni 
Cosa accade nei mattatoi?
I pesci: la loro vita e la loro morte
Visita al macello
Lettera aperta agli "altri" di Maria Campo


sabato 21 ottobre 2017

Quel desiderio che sa di cielo

Ciao :-)

Sono molto felice di tornare sul blog per scrivere la recensione di un carinissimo libro, che ho avuto occasione di leggere recentemente!



Si tratta di "Quel desiderio che sa di cielo", primo libro autopubblicato di Alessandra Loreti, scrittrice emergente e bravissima illustratrice. 

Il libro è stato realizzato in collaborazione con Chiara Topo, che lo ha arricchito con le sue illustrazioni delicate e molto comunicative ... davvero molto belle!



"Quel desiderio che sa di cielo" è il diario di Cassandra,
una giovane donna alla  ricerca di sè stessa.

Cassandra ha 25 anni, vive a Roma e per lavoro fa l'illustratrice di moda. Dopo un lungo fidanzamento viene lasciata da Andrea e così, in piena crisi, inizia un percorso di life coaching ed incomincia a tenere un diario per far chiarezza tra le sue emozioni ed intraprendere un cammino di crescita che la porterà a realizzare il suo sogno più grande.

Durante il graduale percorso di riscoperta di sè, Cassandra capisce, giorno dopo giorno, che per realizzare i suoi sogni e la "missione" della sua vita deve capire chi è veramente e cosa vuole davvero. 
Riuscirà nella realizzazione di sè solo lasciando perdere le aspettative che gli altri hanno su di lei, imparando a dire di no agli altri per dire di sì a se stessa ed amandosi pienamente per ciò che è.

Credo che questo breve racconto, scritto sotto forma di diario, sia davvero una lettura piacevole in cui molte giovani donne, impegnate nella scoperta di sé, possano riconoscersi.
Intrappolate in una cultura che ci vuole quasi obbligatoriamente fidanzate o mogli di qualcuno a tutti i costi, anche se magari significa essere impegnate in una relazione insoddisfacente che, anzichè arricchirci, ci costringe a rinunciare ai nostri sogni, spesso noi stesse siamo così convinte di dover necessariamente stare in una coppia per non sentirci troppo sole, così costantemente impegnate a cercare la nostra "metà", che ci dimentichiamo di noi stesse e del fatto che anche da sole siamo già splendidamente "intere"! 



Una lettura molto scorrevole ed allo stesso tempo stimolante, con riferimenti ad una visione più consapevole e creativa della vita, al vivere il "qui ed ora", a percorsi di crescita personale ed alla consapevolezza che il nostro futuro dobbiamo costruirlo ogni giorno con impegno e coraggio, seguendo le nostre passioni e trovando la forza di abbandonare le nostre zone di comfort per dedicarci alla realizzazione dei nostri sogni.



Ed ora ecco una breve intervista che ci aiuta a conoscere meglio Alessandra ed il suo libro ...

I tuoi disegni sono molto belli e comunicativi. Cosa ti ha portato a provare la scrittura come nuova forma di espressione? Ci racconti un po’ il tuo percorso artistico?

Ciao! Intanto grazie per gli apprezzamenti.
Scrivo e disegno da quando ero veramente molto piccola. Alle
elementari, con la maestra di italiano, creavo storie e racconti di
fantasia; mi divertivo molto. Ricordo anche che passavo più tempo
a disegnare le cornicette sui quaderni che a svolgere gli esercizi per casa. :D
Comunque il mio percorso professionale ha iniziato a prendere
forma al liceo; ho studiato grafica pubblicitaria e poi ho continuato la formazione all'Accademia di Arti e Nuove Tecnologie. Ho seguito un corso di illustrazione per due anni alla Scuola Internazionale di Comics e poi, sempre lì, ho frequentato un corso di scrittura creativa.


Quali sono i tuoi autori preferiti e qual è l’autore che ha stimolato in te la voglia di scrivere?

Sono diversi gli autori che apprezzo e stimo, ma Sergio Bambarén
è forse quello che sento più vicino alla mia visione di scrittura.
Amo il suo modo di mettere su carta i pensieri e le emozioni:
breve, diretto, senza giri di parole. Arriva al cuore con una
semplicità disarmante. Tra i miei riferimenti letterari ci sono anche
Coelho e Gibran. E poi sicuramente Fromm, Pirandello, Hesse.


Da dove viene la scelta di scrivere “Quel desiderio che sa di cielo” sotto forma di diario?

I motivi principali sono due: innanzitutto desideravo creare una
narrazione semplice e diretta che si focalizzasse soprattutto
sull'evoluzione emotiva del personaggio. In secondo luogo perché
sia io che Chiara volevamo che le illustrazioni fossero considerate
parte integrante della storia. In questo modo abbiamo potuto
sfruttarle non solo come elemento decorativo ma anche per
comunicare gli stati d'animo della protagonista, arrivando con le
immagini dove le parole di Cass non riuscivano a spingersi.


Le illustrazioni del tuo libro sono molto belle. Com’è nata la
collaborazione con Chiara Topo? E come mai non hai scelto di
illustrare il libro tu stessa?


Ho conosciuto Chiara alla Scuola Internazionale di Comics e sono
rimasta letteralmente rapita delle sue illustrazioni.
Nonostante all'epoca la conoscessi da pochissimo, ho sempre avuto
la sensazione che prima o poi avremmo lavorato insieme a qualche
progetto. E così è stato. Quando l'idea del libro ha iniziato a
delinearsi nella mente, l'ho subito coinvolta.
Avrei potuto illustrarlo da sola, ma so che non sarebbe stato lo
stesso. La sinergia che si è creata in quei mesi è stato un
grandissimo stimolo per entrambe. Inoltre Chiara è una delle mie
più care amiche e questo ha reso la collaborazione ancora più
stimolante e divertente.


Ci racconti qualcosa in più di Chiara?

Chiara è un'illustratrice. E non intendo solo professionalmente;
credo sia nata col foglio e con i colori in mano. :-)
È una di quelle persone fortunate che nascono con un dono e
hanno la possibilità di coltivarlo. Ha studiato al liceo artistico e poi frequentato con me il corso di illustrazione alla Scuola
Internazionale di Comics. Recentemente ha partecipato ad un
progetto organizzato dalla casa cinematografica Eagles e
attualmente collabora con diverse case editrici.

  
Quanto di te c’è in Cassandra, la protagonista del libro?

Direi tutto e niente. Cassandra ha la sua vita, la sua identità, i suoi
obiettivi. Eppure siamo accomunate dal desiderio di cambiamento, dalla curiosità, dalla voglia di sfidare i propri limiti e guardare oltre. Per poter dar voce alle sue emozioni ho dovuto prima far chiarezza con le mie e questo mi ha permesso di aumentare la consapevolezza, di crescere, proprio come cercherà di fare lei nel suo percorso :-)


Che rapporto hai con la città in cui vivi, Roma, considerata una
delle più belle città al mondo?


Verso Roma provo sentimenti contrastanti. La amo per la sua
bellezza senza tempo, perché trasuda storia e arte da ogni angolo.
La amo per il modo in cui la luce del tramonto illumina Castel
Sant'Angelo, per la naturale bellezza dei suoi spazi verdi.
Per il fascino dei vicoli di Trastevere e la vista mozzafiato che offre
il Gianicolo.
Eppure, come tutte le grandi città, è caotica e dispersiva.
Quindi spesso ho bisogno di spostarmi per riprendere fiato e
rilassarmi un po'. Magari al lago o in qualche località di montagna.


Nel biscotto della fortuna del ristorante giapponese Cassandra trova il bigliettino con la scritta NULLA ACCADE PER CASO... Puoi spiegarci meglio cosa pensi di coincidenze, sincronicità, destino e libero arbitrio? Gli eventi sincronici che accadono nella nostra vita rappresentano per te un messaggio, un segnale che ci indica la strada da percorrere?

Questa è una buona domanda ed ammetto che è difficile per me
spiegare il mio pensiero in proposito in poche righe di testo. Ma ci
provo. Gli eventi che accadono nella nostra vita possono significare tutto e niente. Possono avere un valore diverso a seconda di chi guarda. Per Cassandra la frase “Nulla accade per caso” assume un significato speciale perché è lei ad attribuirglielo. Nel suo modo di interpretare il mondo, l'incontro con Marco ha un significato che va oltre la semplice conoscenza tra due persone; diventa uno strumento di crescita, un mezzo per guardare il mondo da una nuova prospettiva. Si impegna così tanto a cercare di
comprenderlo, di conoscere la sua visione della vita, da non
rendersi conto che nel frattempo sta scoprendo parti inesplorate del proprio io. E questo la porta a nuovi livelli di consapevolezza.
Ma non sarebbe mai successo se lei non avesse creduto in qualcosa
che va oltre ciò che è razionalmente comprensibile, se Marco non
avesse deciso di conoscerla meglio, se non fossero accadute quelle
“coincidenze” che puntualmente li portano a ritrovarsi.
Non esiste una spiegazione razionale a quanto accade ai due
personaggi, accade e basta.
Se scegliamo di fidarci del nostro intuito, mettendo da parte la
ragione, possiamo attribuire un significato specifico a segnali e
coincidenze. Ma è chiaramente un atto di fede.
Ad esempio qualcuno leggendo queste parole potrebbe sentirle
risuonare dentro di sé ed attribuirgli un particolare valore, qualcun
altro invece potrebbe catalogarle come “cavolate new age” prive di senso. La magia, come la bellezza, è negli occhi di chi guarda.


La crescita personale di Cassandra è accompagnata da un percorso di coaching che la guida nell’ascolto di sé, nel vivere il presente, nello sviluppo di una buona autostima, nel lavoro sugli obiettivi … quanto è importante tutto ciò per la realizzazione dei propri sogni?

Il coaching è uno strumento di crescita molto potente. Ho potuto
parlarne nel libro perché io in primis ho seguito un percorso di
questo tipo e so quanto abbia significato per me.
È un mezzo che, se ben gestito, può aiutare a sviluppare una
buona autostima, imparare a riconoscere i propri punti di forza,
identificare e raggiungere obiettivi personali e professionali.
Ma è solo una delle tante strade che si possono percorrere per
avvicinarsi alla realizzazione dei propri sogni. Ciò di cui sono
convinta è che per ottenere grandi risultati sia necessario compiere
un grande lavoro su se stessi. Poi ciascuno è libero di scegliere la
strada che reputa più opportuna per il proprio percorso.

  
Stai scrivendo un nuovo libro?

No, almeno per ora, nessun nuovo libro. Ma sto comunque
continuando a sperimentare con la scrittura attraverso poesie e
racconti brevi.


Che consiglio daresti a chi ama scrivere e sogna di pubblicare
il suo primo libro?


Il primo suggerimento che darei è di chiedersi “Perché lo sto
facendo?”. Spesso si comincia a scrivere abbagliati dall'idea di un
successo facile e di soldi veloci (“Ce l'ha fatta quella di 50
sfumature, posso farlo anche io” - quante volte ho sentito questa
frase -), ma per andare avanti nel mondo dell'editoria ci vuole
molto molto di più. Prima di scrivere “Quel desiderio che sa di cielo” non immaginavo neanche quanto fosse difficile approcciare ad una realtà di questo tipo. Prendi tante tante porte in faccia, ti scontri con le critiche negative, con chi ti legge e storce il naso. Devi essere pronto ad affrontare successi e insuccessi, ad investire
tempo e soldi, soprattutto se, come nel mio caso, scegli di
autopubblicarti. Quindi il secondo suggerimento è “Armatevi di
tanta pazienza e se sentite che questa è la vostra strada continuate
a perseguirla.” C'è un bellissimo proverbio orientale che dice “Non arrenderti mai. Potresti farlo un'ora prima del miracolo” :-)
E poi, mi raccomando, leggete, leggete, leggete!


Qual è secondo te il libro che tutti dovrebbero leggere?

Lo dico senza rifletterci un secondo. “Il piccolo principe”. Credo che quel libro sia magia pura. Parla direttamente al cuore senza filtri.
Arriva a toccare le corde più profonde, accarezzando l'anima e
ricordandoci che la vita è qualcosa di molto più grande della routine quotidiana e del semplice trascorrere del tempo.


Il tuo libro si può acquistare sia in versione e-book che in
versione cartacea? E dove è possibile acquistarlo?


L'ebook è attualmente offline per via di una collaborazione che
inizierà tra pochissimo con una nuova piattaforma editoriale. Il
cartaceo invece si può richiedere direttamente dal mio sito,
contattandomi attraverso il relativo form a questo link
http://www.lafabbricadeisogniweb.it/wordpress/qdcsdccartaceo  



Augurando ad Alessandra tutto il successo che merita, vi invito a visitare il suo sito, La Fabbrica dei Sogni e la sua pagina Facebook per scoprire i suoi bellissimi lavori......e ovviamente vi invito a leggere il suo libro! :D

 
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